La vulnerabilità della risorsa idrica e la sua rilevanza per la nostra esistenza hanno comportato la necessità di individuare uno statuto giuridico in grado di tutelare i diversi aspetti di questo fondamentale bene pubblico. Partendo dalla convinzione che l’acqua sia un bene, ma anche un diritto e un servizio, la dottrina ha evidenziato la necessità di uno statuto giuridico che stabilisca canoni di tutela e di servizio adeguati ad affrontare e risolvere le problematiche insite nella vulnerabilità della risorsa idrica e nella sua importanza all’interno di un ecosistema sostenibile. Questo lavoro vuole dimostrare come l’istituto del demanio, coadiuvato da un’adeguata attività di regolazione , sia in grado di tutelare la risorsa idrica e di assicurare il diritto di accesso alla stessa a prescindere dalla tipologia di gestione pubblica o privata. L’ipotesi di lavoro testè avanzata si pone in linea con la ratio della disciplina recentemente prospettata dal legislatore, seppur ancora sotto forma di proposta di legge (cd. ddl. sulla ripubblicizzazione dell’acqua), possa rispettare le esigenze legate alla risorsa idrica, pur in un epoca di crisi economica-finanziaria come quella attuale. Le modifiche apportate al disegno di legge (originariamente, proposta di legge C. 2212, approvata alla Camera in data 20 aprile 2016 e trasmessa al Senato in data 22 aprile 2016.) hanno prodotto un testo (DDL S. 2343 - Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque - 07/11/2016) che, rispetto alla prima versione, risulta coordinato con le più recenti riforme in ordine all’organizzazione e alla gestione dei servizi idrici, con particolare riferimento al decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, (cd. Decreto Sblocca Italia), alla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015) e alle più recenti disposizioni della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (cd. Collegato ambientale), che a loro volta sono intervenuti, perfezionando e completando, il modello di governance in essere. Al riguardo, occorre tener presente che, da un lato, il legislatore ordinario sta procedendo all’approvazione della “legge per il governo e la gestione del servizio idrico integrato”, dall’altro, il legislatore delegato è in procinto di approvare il decreto delegato sui servizi pubblici locali, il c.d. “Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale” . Tale decreto delegato, riguardo la tipologia di gestione possibile per il servizio idrico rinvia alla normativa di settore e quindi al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. Il disegno di legge cd. sulla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato prevede, ai sensi dell’art. 4, co. 3 lett. a) che la scelta del gestore del servizio avvenga secondo le regole della gara europea e che solamente in deroga alle stesse si possa prevedere l’affidamento diretto a società pubbliche, secondo quanto stabilito dall’art. 149-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 . Un primo segnale di come la tipologia di gestione pubblica o privata possa non influire sulla tutela della risorsa idrica e, al contempo, sul diritto di accesso può essere fornito, in via del tutto limirare dalla disposizione di cui all’art. 7 del DDL all’esame del Senato e precisamente il co. 1 che assicura un quantitativo minimo necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali di acqua anche per gli utenti morosi . Quanto stabilito all’art. 7 della proposta di legge prescinde, infatti, totalmente dalla tipologia di gestione, ma in realtà non è altro che la trasposizione di quanto già disposto dall’art. 3, del DPCM del 29 agosto 2016 che al co. 1 stabilisce che “In nessun caso è applicata la disalimentazione del servizio a: a) gli utenti domestici residenti che versano in condizioni di documentato stato di disagio economico-sociale, come individuati dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico in coerenza con gli altri settori dalla stessa regolati, ai quali è in ogni caso garantito il quantitativo minimo vitale pari a 50 litri abitante giorno;” . Questa previsione conferma già la possibilità di tutelare l’accesso alla risorsa idrica a prescindere dalla tipologia di gestione così come previsto dall’attuale sistema normativo nazionale. Peraltro, al riguardo va sottolineato che nella già richiamata memoria del 28 giugno 2016, n. 344/2016/I/IDR l’AEEGSI, in riferimento a quanto introdotto nel DDL 2343 del Senato all’art. 7, solleva alcuni dubbi: infatti, l’Autorità evidenzia come la previsione di un quantitativo minimo di litri giornalieri da assicurare gratuitamente a ciascuna persona determini alcune criticità riconducibili da un lato, alla difficoltà di misurare i volumi consumati per ciascuna unità abitativa, dall’altro, all’assenza di una dettagliata anagrafica degli utenti, da parte delle realtà gestionali, tale da consentire di associare a ciascuna utenza domestica il numero di persone che la compongono. Quanto appena evidenziato consente di sottolineare l’importanza di un nodo fondamentale in materia e cioè il rilievo degli investimenti per l’ammodernamento delle infrastrutture nel settore idrico. Per rendere effettiva la tutela dei diritti fondamentali legati alla risorsa idrica, infatti, non è necessario predisporre una gestione pubblica del servizio, ma occorre soprattutto incentivare gli investimenti per l’ammodernamento delle reti dell’intero ciclo dell’acqua . Questo è necessario anche per rispettare gli obblighi imposti dal legislatore europeo con la direttiva quadro 60/2000/CE . Per l’attuazione di tali investimenti è necessaria una governance del servizio che sfrutti le efficienze e le economie di scala oltre che di una regolazione che assicuri la tutela dei diritti fondamentali legati alla risorsa, al fine di attirare anche i capitali privati. Il dovere di lasciare alle generazioni future un capitale naturale idoneo ad uno standard di vita adeguato, almeno simile al nostro, nello specifico caso della risorsa idrica deve essere coadiuvato dalla conservazione anche di un capitale necessario, costituito dalle risorse economiche necessarie per adeguare le infrastrutture alle sempre mutevoli esigenze ambientali .

Smoke on the Water o della ripubblicizzazione dell’acqua. Lo statuto giuridico della risorsa idrica tra beni demaniali, beni comuni e doveri di tutela dell’amministrazione / Miccù, Roberto; Palazzotto, Francesco. - In: NOMOS. LE ATTUALITÀ NEL DIRITTO. - ISSN 1120-298X. - ELETTRONICO. - 1:(2016), pp. 1-24.

Smoke on the Water o della ripubblicizzazione dell’acqua. Lo statuto giuridico della risorsa idrica tra beni demaniali, beni comuni e doveri di tutela dell’amministrazione

Miccù, Roberto;
2016

Abstract

La vulnerabilità della risorsa idrica e la sua rilevanza per la nostra esistenza hanno comportato la necessità di individuare uno statuto giuridico in grado di tutelare i diversi aspetti di questo fondamentale bene pubblico. Partendo dalla convinzione che l’acqua sia un bene, ma anche un diritto e un servizio, la dottrina ha evidenziato la necessità di uno statuto giuridico che stabilisca canoni di tutela e di servizio adeguati ad affrontare e risolvere le problematiche insite nella vulnerabilità della risorsa idrica e nella sua importanza all’interno di un ecosistema sostenibile. Questo lavoro vuole dimostrare come l’istituto del demanio, coadiuvato da un’adeguata attività di regolazione , sia in grado di tutelare la risorsa idrica e di assicurare il diritto di accesso alla stessa a prescindere dalla tipologia di gestione pubblica o privata. L’ipotesi di lavoro testè avanzata si pone in linea con la ratio della disciplina recentemente prospettata dal legislatore, seppur ancora sotto forma di proposta di legge (cd. ddl. sulla ripubblicizzazione dell’acqua), possa rispettare le esigenze legate alla risorsa idrica, pur in un epoca di crisi economica-finanziaria come quella attuale. Le modifiche apportate al disegno di legge (originariamente, proposta di legge C. 2212, approvata alla Camera in data 20 aprile 2016 e trasmessa al Senato in data 22 aprile 2016.) hanno prodotto un testo (DDL S. 2343 - Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque - 07/11/2016) che, rispetto alla prima versione, risulta coordinato con le più recenti riforme in ordine all’organizzazione e alla gestione dei servizi idrici, con particolare riferimento al decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, (cd. Decreto Sblocca Italia), alla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015) e alle più recenti disposizioni della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (cd. Collegato ambientale), che a loro volta sono intervenuti, perfezionando e completando, il modello di governance in essere. Al riguardo, occorre tener presente che, da un lato, il legislatore ordinario sta procedendo all’approvazione della “legge per il governo e la gestione del servizio idrico integrato”, dall’altro, il legislatore delegato è in procinto di approvare il decreto delegato sui servizi pubblici locali, il c.d. “Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale” . Tale decreto delegato, riguardo la tipologia di gestione possibile per il servizio idrico rinvia alla normativa di settore e quindi al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. Il disegno di legge cd. sulla ripubblicizzazione del servizio idrico integrato prevede, ai sensi dell’art. 4, co. 3 lett. a) che la scelta del gestore del servizio avvenga secondo le regole della gara europea e che solamente in deroga alle stesse si possa prevedere l’affidamento diretto a società pubbliche, secondo quanto stabilito dall’art. 149-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 . Un primo segnale di come la tipologia di gestione pubblica o privata possa non influire sulla tutela della risorsa idrica e, al contempo, sul diritto di accesso può essere fornito, in via del tutto limirare dalla disposizione di cui all’art. 7 del DDL all’esame del Senato e precisamente il co. 1 che assicura un quantitativo minimo necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali di acqua anche per gli utenti morosi . Quanto stabilito all’art. 7 della proposta di legge prescinde, infatti, totalmente dalla tipologia di gestione, ma in realtà non è altro che la trasposizione di quanto già disposto dall’art. 3, del DPCM del 29 agosto 2016 che al co. 1 stabilisce che “In nessun caso è applicata la disalimentazione del servizio a: a) gli utenti domestici residenti che versano in condizioni di documentato stato di disagio economico-sociale, come individuati dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico in coerenza con gli altri settori dalla stessa regolati, ai quali è in ogni caso garantito il quantitativo minimo vitale pari a 50 litri abitante giorno;” . Questa previsione conferma già la possibilità di tutelare l’accesso alla risorsa idrica a prescindere dalla tipologia di gestione così come previsto dall’attuale sistema normativo nazionale. Peraltro, al riguardo va sottolineato che nella già richiamata memoria del 28 giugno 2016, n. 344/2016/I/IDR l’AEEGSI, in riferimento a quanto introdotto nel DDL 2343 del Senato all’art. 7, solleva alcuni dubbi: infatti, l’Autorità evidenzia come la previsione di un quantitativo minimo di litri giornalieri da assicurare gratuitamente a ciascuna persona determini alcune criticità riconducibili da un lato, alla difficoltà di misurare i volumi consumati per ciascuna unità abitativa, dall’altro, all’assenza di una dettagliata anagrafica degli utenti, da parte delle realtà gestionali, tale da consentire di associare a ciascuna utenza domestica il numero di persone che la compongono. Quanto appena evidenziato consente di sottolineare l’importanza di un nodo fondamentale in materia e cioè il rilievo degli investimenti per l’ammodernamento delle infrastrutture nel settore idrico. Per rendere effettiva la tutela dei diritti fondamentali legati alla risorsa idrica, infatti, non è necessario predisporre una gestione pubblica del servizio, ma occorre soprattutto incentivare gli investimenti per l’ammodernamento delle reti dell’intero ciclo dell’acqua . Questo è necessario anche per rispettare gli obblighi imposti dal legislatore europeo con la direttiva quadro 60/2000/CE . Per l’attuazione di tali investimenti è necessaria una governance del servizio che sfrutti le efficienze e le economie di scala oltre che di una regolazione che assicuri la tutela dei diritti fondamentali legati alla risorsa, al fine di attirare anche i capitali privati. Il dovere di lasciare alle generazioni future un capitale naturale idoneo ad uno standard di vita adeguato, almeno simile al nostro, nello specifico caso della risorsa idrica deve essere coadiuvato dalla conservazione anche di un capitale necessario, costituito dalle risorse economiche necessarie per adeguare le infrastrutture alle sempre mutevoli esigenze ambientali .
2016
ripubblicizzazione dell'acqua; servizio idrico integrato; beni comuni; demanio; sviluppo sostenibile; diritti fondamentali
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Smoke on the Water o della ripubblicizzazione dell’acqua. Lo statuto giuridico della risorsa idrica tra beni demaniali, beni comuni e doveri di tutela dell’amministrazione / Miccù, Roberto; Palazzotto, Francesco. - In: NOMOS. LE ATTUALITÀ NEL DIRITTO. - ISSN 1120-298X. - ELETTRONICO. - 1:(2016), pp. 1-24.
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